La festa della Madonna SS. del Soccorso è la festa che ha più risonanza nel comune, anche più dello stesso patrono, San Michele Arcangelo.
Della festa si hanno tracce dell’inizio a partire dal 1636 (un manifesto del 1886 all’intestazione recita “5° cinquantenario con data 10 settembre 1886), la manifestazione si svolgeva in tre giorni ed era imperniata su una fiera di bestiame con risonanza provinciale. Ancora oggi si festeggia la Santa la terza domenica di settembre. La ricorrenza religiosa inizia con lo scoprimento dell’affresco a Lei dedicato e relativa Santa messa alle 4 del mattino presso il Santuario, lo stesso giorno di sera si porta in processione per le vie del paese una macchina con l’immagine della Madonna.
CENNI STORICI SULLA CHIESA DELLA MADONNA DEL SOCCORSO E SUL SUO DIPINTO QUATTROCENTESCO IN MONTELANICO
Montelanico, che non ha mai superato i 2000 abitanti, contava fino al primo ventennio del secolo cinque chiese, di cui due parrocchiali. S. Pietro Apostolo col titolo abbaziale, ricostruita dalle fondamenta dai principi Doria Pamphily nel 1752, e quella di S. Michele Arcangelo col titolo di arcipretura. Le restanti chiese erano rette a cappellania e precisamente: Santa Maria delle Grazie o del Gonfalone, così chiamata allorquando venne officiata dalla omonima confraternita, quella di Sant’Antonio di Padova, detta comunemente chiesa “tigri”, perché fatta erigere nel 1702 da Francesco Tigri allora Vice Governatore di Montelanico, e infine quella della Madonna del Soccorso che vanta un prezioso dipinto quattrocentesco. La chiesa di S. Michele Arcangelo che si trovava fuori dell’abitato, sul luogo ove è sorto nel 1954 l’Asilo Infantile, e quella del Gonfalone situata in fondo alla piazza Vittorio Emanuele II, furono demolite qualche anno dopo il terremoto del 1915, solo perché leggermente lesionate…! (1)
Ciò premesso, al fine di far conoscere ed apprezzare l’interessante dipinto della Madonna del Soccorso, abbiamo ritenuto opportuno tracciare questi brevi cenni storici riguardanti le vicende sia dell’affresco che della chiesa ove esso è custodito, sicuri di interpretare in particolar modo il desiderio dei Montelanichesi che da generazioni e generazioni serbano immutata una particolare venerazione per la loro celeste Patrona.
Se volgiamo lo sguardo nei secoli andati, quando sopra questa chiostra di monti si alzavano turriti castelli medievali, vediamo che anche Montelanico, al pari dei castelli limitrofi diruti di Collemezzo, Pruni e Montelongo, controllava un buon tratto della vallata dei Lepini, importante via di comunicazione tra l’Appia e la Casilina. Per essa transitarono orde di armati, avventurieri, uomini di affari, ma anche artisti di nome che lasciarono la loro impronta nei grandi e piccoli centri al di qua e al di là di questi monti. Un giorno, un ignoto pittore di transito per queste boscose contrade, forse per espressa volontà del feudatario di Montelanico, o per desiderio dei suoi vassalli, oppure per “lo stento della fame”, come si legge nel dipinto di una chiesa di Bassiano, affrescò sulla breve superficie murale d’una “cona”, in gergo paesano, l’immagine della Vergine col suo Divin Figliolo che sarebbe stata poi proclamata celeste Patrona del Paese.
A prescindere da qualsiasi motivo che abbia spinto l’artista ad eseguire l’affresco, a noi interessa ricostruire le successive vicende alle quali andò soggetto e con esso quelle della chiesa strettamente legate al primo.
Il piccolo Santuario è situato alle pendici orientali della collina ove si rinserrano le annerite case del vecchio paese, mentre a pochi passi un tratto di muro lo ripara dalle piene torrentizie del Rio. La chiesuola fino a pochi anni addietro, rimaneva isolata tra verdi alberi di acacie, ora invece la chiudono dappresso a occidente modernissimi fabbricati per abitazione. I lavori eseguiti dalla Amministrazione Comunale da un ventennio a questa parte: ampliamento e acciottolato dell’antica e stretta via della “Rosauda”, ora “Via del Soccorso” resa carrozzabile, le colonnine di abbellimento e l’alberatura circostante hanno dato al Santuario un aspetto più decoroso.
Se non proprio quando venne eseguito l’affresco, ma sicuramente dopo un periodo relativamente breve, i vassalli del vicino castello, onde preservarlo dalle intemperie, decisero di erigere un piccolo tempio o cappella, in modo tale che l’affresco restò incorporato nella parete di fondo della costruzione. Questa nostra supposizione, condivisa anche da esperti della Sovrintendenza alle AA. E BB. Si basa su un dato di fatto su cui torneremo appresso, dopo aver prima risposto ad una domanda che sorge spontanea: perché la strada passa dietro e non davanti la chiesa che presenta la facciata principale rivolta ad oriente? In una pianta topografica di Montelanico della prima metà del sec. XVIII sono riportate le principali vie di comunicazione che a quei tempi univano il paese con Segni, Carpineto, e ben delineato risulta il tracciato con la duplice indicazione: “Strada per Valmontone” o “Strada Romana”. Quest’ultima, seguendo gli argini sulla destra del Rio, prima di attraversare il ponte del Soccorso così chiamato fin da allora, si biforcava: un tratto voltava subito a sinistra e proseguiva per Carpineto. L’altro tratto, oltrepassato il ponte, molto stretto e breve in quel tempo (l’attuale è stato ricostruito dopo l’ultima guerra perché fatto saltare dai tedeschi in ritirata nel maggio del 1944), volgeva anch’esso subito a sinistra e, passando davanti l’ingresso principale della chiesa, risaliva il ripido sentiero della “Rosauda”, unica via di accesso all’abitato. Il breve tratto dal ponte alla chiesa, col passar degli anni, andò man mano restringendosi per l’azione erosiva delle acque torrentizie del Rio, fino a che, resosi impraticabile, fu abbandonato e sostituito con un percorso più arretrato corrispondente presso a poco a quello attuale. Ciò avvenne verso la fine del secolo, mentre il muro di arginamento era stato già rinforzato a spese del Comune nel 1878.
(tratto dal libro “La chiesa del Soccorso a Montelanico di G. B. Ronzoni 1975)
1 Altre notizie sulle chiese di Montelanico, vedesi: G. B. Ronzoni “Don Vincenzo Ronzoni – Mezzo secolo di storia civile e religiosa del Lazio nell’Ottecento”; Roma, 1974